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sabato 8 aprile 2017

Eco: una questione di genere

John William Waterhause, Eco
Su cosa sia, non ci sono dubbi.
Ogni dizionario di lingua italiana ne parla come di un fenomeno acustico per il quale il suono, riflettendosi contro un ostacolo, torna ad essere udito nel punto esatto in cui è stato emesso la prima volta, nettamente separato da quello inizialmente prodotto e tanto più distintamente avvertito quanto più è lontano l'ostacolo.

Su come si scriva, invece, non sembra esserci altrettanta certezza.
Alla stregua di qual è o qual'è, di buon uomo o buon'uomo, anche di fronte alla parola eco capita di rimanere sospesi in un limbo di indecisione, incerti su come continuare a far scorrere sul foglio la penna temporaneamente tenuta sospesa...o amleticamente pensierosi davanti allo schermo del computer senza riuscire a stabilire se, dopo aver digitato l'articolo "un" sia opportuno fare un passaggio sul tasto dell'apostrofo o se, al contrario, non sia meglio saltare direttamente alla lettera "e".

Il tutto diverrebbe inconfutabilmente cristallino, se si ricordasse che all'origine Eco era una ninfa delle montagne, della famiglia delle Orèadi, appunto, che lì avevano la loro dimora.
Fanciulla dal carattere dolce e dalla voce soave, abbondava anche di quella propensione tutta muliebre al pettegolezzo, tanto che il suo essere particolarmente ciarliera spinse Zeus ad ingaggiarla allo scopo di tenere impegnata la sposa Era e di potersi così dedicare alle sue innumerevoli tresche amorose, senza il rischio di essere colto in flagrante dalla gelosa consorte.
Ma la regale coniuge scoprì l'inganno e (come, del resto, accade tra le comuni mortali) scelse di scatenare la propria ira contro la povera malcapitata piuttosto che colpire l'incorreggibile fedifrago; privò, così, Eco della facoltà di rivolgere per prima la parola a chicchessia, condannandola (amara pena del contrappasso!) a ripetere le ultime sillabe dei discorsi che altri le rivolgevano o che le capitava fortuitamente di udire.
Ma le sciagure dell'infelice creatura non erano ancora finite..

Vagando raminga, le capitò un giorno di imbattersi nel bellissimo Narciso e di innamorarsene - ahimè - perdutamente.
Ora, com'è facile immaginare, l'altezzoso adone non tollerò la presenza molesta della giovane devota, scambiando per mancanza di carattere (o per chissà cos'altro...) quella sua propensione a riprodurre con insistenza ogni sua frase e ogni suo interrogativo. Ben guardandosi dall'indagare le ragioni di quello strano comportamento, preferì dileguarsi e lasciare la povera Eco a struggersi in solitudine per la fulminea scomparsa del suo amato.
Ella finì letteralmente per consumarsi, finché di lei non rimasero che la voce e le ossa pietrificate; a quel punto gli dei, mossi a compassione, la trasformarono in roccia...tuttavia, i suoi lamenti non hanno ancora cessato di farsi sentire.

Un'eco, dunque...è femmina!

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