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sabato 30 aprile 2016

L'uccellino è vivo o morto?


Alzi la mano chi da piccolo non ha fatto questo giochino almeno una volta con la mamma, il papà o la nonna!...ora alzi la mano chi da grande non vi si è mai trovato coinvolto per opera del proprio o di un altrui bambino!
Quasi nessuno, vero? Vorrei ben vedere, perché qui non si sta mica parlando di un passatempo qualunque, bensì di una vera e propria pietra miliare dell'infanzia.

Per quei pochi che non lo sapessero, si tratta molto semplicemente di congiungere le mani intrecciando le dita tra loro e di infilare tra i due palmi un dito medio tenendolo nascosto; poi si va dalla "vittima designata" domandando se l'uccellino (alias il sopraddetto dito!) sia vivo o morto.
A questo punto l'interrogato non ha altra scelta, se non fingere che ci sia una reale possibilità di azzeccare lo stato del malcapitato volatile...pena l'inconsolabile delusione del suo sfidante (un po' come quando un bambino vi porge una tazzina di caffè fumante e voi avete l'imperativo morale di sorseggiare la deliziosa bevanda, mimando con entusiasmo il vostro gradimento e magari soffiandoci anche un po' sopra...perché scotta!).
In genere, non s'indovina mai! Se si risponde che il passerotto è in forma smagliante, si può star certi che il bimbo mostrerà il ditino immobile; se si avanza, invece, la triste ipotesi che la creatura sia passata a miglior vita, è sicuro che il dito inizierà a dondolare con un'energia insospettabile. Il bello del gioco sta proprio qui, nell'impagabile soddisfazione che investe i bimbi, convinti di essere riusciti a mettere tutti nel sacco...capita (di rado però...) che mamma o papà diano la risposta giusta e allora è un trionfo di feste e abbracci; lasciare che i grandi indovinino è un modo speciale che hanno i piccoli per dichiarare loro il proprio amore!

Ora, il tutto può sembrare forse un po' insensato e fine a se stesso...ma se non fosse proprio così?...se dietro un gesto apparentemente così semplice ci fosse molto di più?...a partire da un'origine che risale ad un passato insospettabilmente lontano?
Racconta addirittura Esopo che un giorno un tale andò a consultare l'oracolo di Delfi con la ferma intenzione di smascherarlo e di mostrare che mentiva. A quello scopo, prese in mano un passerotto, lo coprì col mantello e, giunto al tempio, chiese al dio se ciò che teneva nascosto respirasse o meno. Se il responso fosse stato che non respirava, egli avrebbe mostrato l'esserino vivo; in caso contrario, l'avrebbe strozzato prima di farlo vedere. Per tutta risposta il dio, che aveva ben compreso il proposito dell'uomo, gli fece notare come dipendesse solo da lui che quanto aveva in mano vivesse o meno.

Com'è che questa storiella è arrivata fino a noi, trasformandosi in ciò che tutti conosciamo? Com'è riuscita a conservarsi identica nella sua sostanza, anche attraverso i secoli? Cosa tenta di dirci, ancora?

Forse che dietro le domande dell'imbroglione di Esopo o di tutti i bimbi giocherelloni si nasconde la stessa esigenza di smarcarsi (ognuno a suo modo) da un'autorità che si continua comunque a riconoscere come tale...che proprio per questo da lei ci si aspetta una sorta di "autorizzazione" a spiccare il volo (come l'uccellino!), quell'infusione di fiducia che aiuti a credere in se stessi e confermi nelle proprie possibilità...
Forse che dovremmo recuperare il valore della parola "infantile", per ritrovare la verità custodita in tutto ciò che è "proprio dell'infanzia", che va al principio, che torna alle fondamenta...
Forse che tutti (bimbi che chiedono con insistenza di giocare, adulti magari reticenti che se ne lasciano rapire, giovani che si convincono di essere troppo grandi per farlo, nonni che ce la mettono tutta per riuscirci ancora), tutti abbiamo bisogno di riscoprire che sta a noi, alle nostre mani, la possibilità di mettere le ali ad un sogno, al nostro futuro, alla vita intera...

2 commenti:

  1. Io ho imparato a credere in me stessa da adulta

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    1. ...aveva ragione Esopo, allora...non si è troppo grandi per imparare a spiccare il volo!!!

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