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sabato 8 luglio 2017

La camera azzurra

Georges Simenon
Non avrebbe mai immaginato Tony che quel giorno si sarebbe incontrato con Andrée per l'ultima volta, che per l'ultima volta avrebbe varcato la soglia di quella camera nella quale il sole estivo del tardo pomeriggio faceva irruzione accendendone le pareti azzurre...un azzurro a lui così familiare, lo stesso della liscivia che sua madre adoperava per lavare i panni quando era bambino...un azzurro così rassicurante, anche se in quella stanza d'albergo di rassicurante in realtà non era mai successo nulla.
Per circa un anno in quell'alcova dai muri celesti lui e la sua amante, quella compagna di classe che tanti anni prima non aveva mai neppure considerato, avevano dato sfogo alla loro passione clandestina all'insaputa (almeno così credevano loro) del marito di lei e soprattutto della moglie di lui, Gisèle, così dolce e remissiva, così dedita alla famiglia, alla casa, alla piccola Marianne.

Non vi sarebbe più entrato fisicamente, ma certo con la mente e il pensiero continuava a tornarci, per tentare di comprendere cosa gli fosse sfuggito, cosa non aveva colto tra le parole sussurrate da Andrée e sovrastate dall'assordante sferragliare del treno in arrivo nella stazione vicina...se solo avesse prestato più attenzione, invece di guardarsi continuamente allo specchio cercando di medicare la ferita di quel morso che lei gli aveva dato al labbro, se solo non fosse stato così distratto, se solo...

E così questa vicenda che si era aperta nel modo apparentemente più ordinario, come il più comune degli inganni, il più consumato dei tradimenti...(chissà quanti ogni giorno sotto il sole!), si rivela presto tutt'altro che ordinaria. E il lettore viene inaspettatamente accompagnato ad apprenderne i risvolti più torbidi proprio dal racconto dettagliato fornito dallo stesso Tony, che a distanza di più di un anno siede nell'aula di un tribunale in attesa del verdetto che lo condannerà o assolverà per quanto di tremendo è accaduto nei mesi successivi a quell'ultimo rendez-vous.

Impossibile non rimanere incollati ad ogni singola pagina, non farsi travolgere dalla curiosità di scoprire "cosa succede dopo", in questa storia che la mano sapiente del suo ideatore ha costruito con impareggiabile maestria...non un inciampo nel suo progredire, non un passaggio confuso, in un perfetto intrecciarsi di piani temporali, indietro e avanti e ancora indietro nel tempo, senza che nel flusso continuo dei pensieri si percepisca mai un intoppo, emerga mai un'incongruenza...non una parola di troppo, non una frase stonata nel linguaggio asciutto e pulito, nello stile limpido e immediato...
Eppure, è altrettanto impossibile decifrarlo questo flusso continuo di pensieri, impossibile raccapezzarcisi, impossibile determinare al di là di ogni ragionevole dubbio se il genio creativo di Simenon abbia voluto plasmare il più ingenuo e superficiale dei personaggi, privo di una volontà propria, totalmente inadeguato di fronte alla necessità di prendere posizione, di fare delle scelte, pigro spettatore della propria esistenza, o se non abbia piuttosto voluto ritrarre il più meschino e fasullo degli uomini, astuto come nessun altro, strategico calcolatore di ogni mossa e di ogni parola.

Così si rimane sospesi in un limbo di dubbi e di incertezze, incapaci di decidere se davvero quel pomeriggio nella camera azzurra Tony non avesse minimamente intuito dove le sottili insinuazioni e le frasi solo abbozzate di Andrée volevano condurlo...
Dubbi e incertezze che, invece di svanire, non fanno che ingigantirsi e aggravarsi, perché di fatto quella relazione è sempre stata sotto gli occhi di tutti, in balia dei loro giudizi sprezzanti, passata al setaccio dai loro sguardi di disapprovazione, mentre il cerchio si allarga fino ad abbracciare l'intero microcosmo di una piccola comunità di provincia, nella quale il diversivo di un amore segreto può addirittura regalare l'illusione di sfuggire ogni tanto all'infelicità degli altri, alla loro meschinità, alla loro asfissiante volontà di controllo.
Un po' come succede ad un altro imputato, al Meursault di Camus, anch'egli scrupolosamente radiografato in un'aula di tribunale, scandagliato con chirurgica precisione non solo per la necessità di stabilirne la colpevolezza, bensì forse ancor di più per una serie di comportamenti che, seppur del tutto innocenti, vengono ritenuti socialmente inaccettabili e ugualmente perseguibili, in primis la scarsa partecipazione emotiva al funerale della madre.
Meursault come Tony, dunque, quasi alienati da loro stessi, simboli del rifiuto di aderire agli schemi e ai ruoli convenzionali che la società decide e assegna, testimoni di un profondo disagio del vivere di fronte al quale i più preferiscono ritrarsi, evitando di lasciarsi interrogare nel timore di dover ammettere la propria parte di responsabilità o di arrivare a scoprire lo stesso disagio anche dentro di sé...preferendo piuttosto la più facile strada dell'accusa, dell'attribuzione di una malvagità e di una premeditazione che riconducano i loro interlocutori all'interno di categorie morali più facilmente riconoscibili che consentano loro di farne sparire ogni traccia per non dover essere ancora costretti a guardarli negli occhi.

Che il loro essere entrambi stranieri (se Tony è un piccolo imprenditore italiano trasferitosi nella campagna francese, Meursault è un impiegato francese che risiede e lavora ad Algeri), dunque appositamente collocati nella condizione più costitutivamente ambigua e foriera di diffidenza, rappresenti l'ennesima provocazione che Simenon e Camus prima di lui hanno voluto lanciare a chiunque si fosse cimentato nella lettura dei loro capolavori?...di certo c'è che, più il senso comune e la pubblica gogna presumono di sapere con incrollabile sicumera chi sia meritevole di condanna, più io mi sento istintivamente spinta ad emettere sentenze di assoluzione!

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