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sabato 13 gennaio 2018

Chi ben comincia, è a metà dell'opera

Non so gli altri, ma, quando sono io a scrivere, devo assolutamente e inesorabilmente partire dal titolo!
Dare il nome ad un nuovo articolo o ad un nuovo post non è un'operazione sempre facile, ma di sicuro è un'operazione che non riesco a compiere durante la stesura di un pezzo o - peggio ancora - che non posso immaginare di tenere sospesa fino alla sua conclusione.

Il titolo è un affare di tutto rispetto, è uno spartiacque che segna la fine della fase incantata delle letture sterminate e compulsive durante la quale solitamente raccolgo una marea di annotazioni più o meno pertinenti, spunti di riflessione che magari nemmeno svilupperò e tutto ciò che mi viene in mente nel mio viaggio meraviglioso tra pagine e file (fase alla quale, tra l'altro, ogni volta è un'impresa porre un limite!), e l'inizio di quella decisamente più impegnativa e disciplinata della concreta delineazione del lavoro, della sua traccia, dei suoi obiettivi.

Il dizionario etimologico riconduce il termine italiano a quello latino titulus, spiegandolo a sua volta come la duplicazione della radice greca tio, "valuto", "determino il valore", dunque "stimo ragguardevole", "onoro", da cui è sembrato possibile far derivare i due principali significati di "dignità", "merito" come anche di "soprascritta" che dice la ragione per la quale una determinata opera (di qualunque natura essa sia) è nota, che rappresenta l'elemento in base al quale se ne può soppesare il contenuto, in sostanza ciò che immediatamente la identifica.

Per la stessa ragione, non riesco a non dare peso alla questione, anche quando si tratta dei titoli che autori ed editori scelgono di dare ai libri dei quali io poi devo decidere se diventare lettrice o meno.
So che può sembrare riduttivo concentrarsi tanto sulla copertina di un'opera e su quelle poche scarne parole che vi sono stampate sopra.
Eppure, pensate a quale peso diamo tutti alla prima impressione quando incontriamo una persona per la prima volta, quando le sentiamo pronunciare le prime parole, quando notiamo l'atteggiamento che ha o non ha nei nostri confronti...oppure a quella (forse ancor più travolgente) che ci procura entrare per la prima volta in un ambiente nuovo, a come esso riesca nel giro di qualche istante a farci sentire completamente accolti o del tutto estranei.

Decidere un titolo significa automaticamente scartare milioni di altre possibilità, significa richiamare l'attenzione su un dettaglio invece che su milioni di altri possibili...
Alcuni titoli consacrano i protagonisti delle storie raccontate (Anna Karenina o Il grande Gatsby non avrebbero potuto intitolarsi che così)...altri i luoghi che ospitano quelle storie (io dentro La casa degli spiriti ci sono stata davvero)...altri un particolare oggetto intorno al quale tutta la trama si costruisce (quanto ho amato quella Lettera di una sconosciuta!)...altri ancora (e sono quelli che io chiamo "del mistero") sono praticamente incomprensibili, fino a quando non si legge il libro del quale anticipano letteralmente una frase o una battuta o un qualsiasi altro elemento in esso vitale, ma che solo chi accetta di addentrarvisi ha il privilegio di comprendere (non so se al tempo mi aveva incuriosito di più Ho paura torero oppure Domani nella battaglia pensa a me...)...ma quelli che, forse, preferisco sono quelli che attraverso un'unica vivida straordinaria immagine hanno il potere magico di evocare il cuore pulsante del viaggio che si dipana tra le pagine che essi sigillano (e in questo Le braci resta a mio avviso insuperato e insuperabile!).

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