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sabato 24 febbraio 2018

Adolescenza, croci e delizie

Chiunque abbia a che fare con dei figli ormai alle soglie dell'adolescenza, sa bene quanto questa fase della loro (e di conseguenza della sua) vita possa essere complicata!
Fino all'altro ieri tutto sembrava più o meno gestibile, poi d'improvviso...il CAOS!...e non solo quello dei mucchi di libri e di abiti che a poco a poco sono andati a sostituirsi ai mucchi di giocattoli, ma quello ben più problematico di una convivenza che riesce a far rimpiangere persino pappe e pannolini, costringendo genitori e genitrici a domandarsi mille volte al giorno se sia meglio chiedere, anche a costo di sembrare invadenti...o piuttosto non fare domande, rischiando al contrario di essere tacciati di disinteresse...come trovare il giusto e difficilissimo equilibrio tra proteggere ed esporre alla vita, custodire e lasciar andare...

Negli ultimi anni le scienze neurologiche, sociali e comportamentali hanno chiarito al di là di ogni dubbio che nel periodo che va indicativamente dalla pubertà ai vent'anni nel funzionamento del cervello avvengono dei cambiamenti talmente sostanziali che sarebbe a dir poco riduttivo ricondurre ad una semplice - sebbene di "semplice" non abbia proprio nulla! - turbolenza ormonale.
Di qualunque cosa si tratti, certo è che le cose non sembrano essere più facili per chi questi cambiamenti li vive da protagonista, che sente di essere in profonda trasformazione, spesso inadeguato, non più bambino e allo stesso tempo non ancora cresciuto a sufficienza per gestire la propria autonomia, eppure così desideroso di raggiungerla quell'autonomia, bisognoso di approvazione anche se mai lo darebbe a vedere, perché dai grandi è il momento di prendere le distanze pur non sapendo ancora bene in che modo.

Dunque, che fare? Come aiutare gli uni e gli altri a non perdersi?
Forse lasciandosi guidare dalla lingua che ancora una volta viene in soccorso restituendo il valore profondo e autentico di quella parola così temibile e meravigliosa allo stesso tempo, capace di ingenerare sospetto e insieme di custodire interi universi, fatti di confusione e di lacrime, di slanci e di insicurezza, a volte scostanti e irraggiungibili, sempre e comunque misteriosi.

Sì, perché la parola "adolescente", che viene dal verbo latino adolesco - a sua volta risalente all'unione della preposizione ad- (che dice uno "spostamento verso") con il verbo alesco ("comincio a crescere") - di quel verbo rappresenta il participio presente, ossia il modo dell'azione colta nel suo farsi, nel suo divenire, nel suo dinamico svolgersi; l'adolescente può così riappropriarsi di tutta la ricchezza e la vitalità di una condizione che gli è davvero connaturata, quella di creatura in cammino, inarrestabilmente e incontenibilmente tesa verso il proprio futuro, la propria realizzazione, il proprio compimento.
Ancor più sorprendente, tuttavia, è scoprire che anche il termine "adulto" deriva da quello stesso verbo latino e precisamente dalla forma di supino adultum, il modo verbale che, per lo più utilizzato insieme a verbi di movimento, di quel movimento indicava il fine, lo scopo, il termine.

Magia della lingua che in un attimo è capace di riavvicinare adulti e adolescenti, cogliendoli sorprendentemente in due momenti successivi di una stessa strada, di uno stesso viaggio.
Agli uni, allora, il compito di guardarsi più spesso indietro, per non dimenticare ciò che si è stati, per imparare ad osservare con benevolenza chi su quella via sta muovendo i primi passi incerti, ad abbracciarne i tumulti del cuore e della mente, ad insegnare la speranza e la pazienza, a non sentirsi a propria volta mai definitivamente arrivati.
Agli altri, quello di riscoprire in chi li precede qualcuno che ha calcato gli stessi sentieri, che ha percorso le stesse curve tortuose, che si è trovato incapace di decidere fermo agli stessi incroci, per comprendere di non essere soli, per riscoprirsi parte di una storia, per riconoscersi autenticamente liberi...è così che gli antichi chiamavano i propri "figli"...magia della lingua...

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