Fino all'altro ieri tutto sembrava più o meno gestibile, poi d'improvviso...il CAOS!...e non solo quello dei mucchi di libri e di abiti che a poco a poco sono andati a sostituirsi ai mucchi di giocattoli, ma quello ben più problematico di una convivenza che riesce a far rimpiangere persino pappe e pannolini, costringendo genitori e genitrici a domandarsi mille volte al giorno se sia meglio chiedere, anche a costo di sembrare invadenti...o piuttosto non fare domande, rischiando al contrario di essere tacciati di disinteresse...come trovare il giusto e difficilissimo equilibrio tra proteggere ed esporre alla vita, custodire e lasciar andare...
Negli ultimi anni le scienze neurologiche, sociali e comportamentali hanno chiarito al di là di ogni dubbio che nel periodo che va indicativamente dalla pubertà ai vent'anni nel funzionamento del cervello avvengono dei cambiamenti talmente sostanziali che sarebbe a dir poco riduttivo ricondurre ad una semplice - sebbene di "semplice" non abbia proprio nulla! - turbolenza ormonale.
Di qualunque cosa si tratti, certo è che le cose non sembrano essere più facili per chi questi cambiamenti li vive da protagonista, che sente di essere in profonda trasformazione, spesso inadeguato, non più bambino e allo stesso tempo non ancora cresciuto a sufficienza per gestire la propria autonomia, eppure così desideroso di raggiungerla quell'autonomia, bisognoso di approvazione anche se mai lo darebbe a vedere, perché dai grandi è il momento di prendere le distanze pur non sapendo ancora bene in che modo.
Dunque, che fare? Come aiutare gli uni e gli altri a non perdersi?
Forse lasciandosi guidare dalla lingua che ancora una volta viene in soccorso restituendo il valore profondo e autentico di quella parola così temibile e meravigliosa allo stesso tempo, capace di ingenerare sospetto e insieme di custodire interi universi, fatti di confusione e di lacrime, di slanci e di insicurezza, a volte scostanti e irraggiungibili, sempre e comunque misteriosi.
Sì, perché la parola "adolescente", che viene dal verbo latino adolesco - a sua volta risalente all'unione della preposizione ad- (che dice uno "spostamento verso") con il verbo alesco ("comincio a crescere") - di quel verbo rappresenta il participio presente, ossia il modo dell'azione colta nel suo farsi, nel suo divenire, nel suo dinamico svolgersi; l'adolescente può così riappropriarsi di tutta la ricchezza e la vitalità di una condizione che gli è davvero connaturata, quella di creatura in cammino, inarrestabilmente e incontenibilmente tesa verso il proprio futuro, la propria realizzazione, il proprio compimento.Ancor più sorprendente, tuttavia, è scoprire che anche il termine "adulto" deriva da quello stesso verbo latino e precisamente dalla forma di supino adultum, il modo verbale che, per lo più utilizzato insieme a verbi di movimento, di quel movimento indicava il fine, lo scopo, il termine.
Magia della lingua che in un attimo è capace di riavvicinare adulti e adolescenti, cogliendoli sorprendentemente in due momenti successivi di una stessa strada, di uno stesso viaggio.
Agli uni, allora, il compito di guardarsi più spesso indietro, per non dimenticare ciò che si è stati, per imparare ad osservare con benevolenza chi su quella via sta muovendo i primi passi incerti, ad abbracciarne i tumulti del cuore e della mente, ad insegnare la speranza e la pazienza, a non sentirsi a propria volta mai definitivamente arrivati.
Agli altri, quello di riscoprire in chi li precede qualcuno che ha calcato gli stessi sentieri, che ha percorso le stesse curve tortuose, che si è trovato incapace di decidere fermo agli stessi incroci, per comprendere di non essere soli, per riscoprirsi parte di una storia, per riconoscersi autenticamente liberi...è così che gli antichi chiamavano i propri "figli"...magia della lingua...

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