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sabato 12 febbraio 2022

Lettera alla scuola

Pensare che di te ho sempre aspettato ciò che segnava la tua interruzione...l'ultima ora prima dell'intervallo...l'ultima ora della giornata...l'ultimo giorno della settimana...l'ultimo giorno e basta, con l'estate davanti, tutta da riempire e inventare.

Mia madre è una patita di giochi di parole, e per quanto io mi sforzi ossessivamente di mostrare al mondo quello che ci distingue piuttosto che quello che ci conferma simili, la genetica certe volte non è proprio capace di mentire.

Così, quando ti sei ridotta a una sigla, non ho saputo resistere.

Prima sei stata D(irigenti) A(lla) D(eriva); per qualche giorno me li sono visti lì, come tanti capitani di vascello, più o meno temerari, improvvisamente sommersi da un tempestoso oceano di documenti da visionare e di provvedimenti da attuare.

Poi hai dato il meglio in un trionfale D(ebiti) A(nnullati) D(efinitivamente) e questa versione di te devo dire che, sì, mi ha dato grande soddisfazione.

Infine, dopo qualche settimana di incertezza, sei diventata a tutti gli effetti un vero D(arsi) A D(overe) di D(ocenti) A D(discepoli)...e vice versa, naturalmente!

Sì, perché per quanto mi riguarda A DISTANZA lo sei stata solo nei primissimi giorni, quando ancora le lezioni su Meet si limitavano a sporadici esperimenti, appesi alle scarse competenze dei prof. e agli infiniti problemi di connessione.

Ma in brevissimo tempo hai iniziato a presentarti A DOMICILIO, ogni benedettissima mattina, inesorabile, decisamente troppo invadente.

E la cosa, credimi, non mi è proprio andata a genio. Di punto in bianco mi sono ritrovato gli occhi di tutti puntati dentro la mia stanza, quella stessa stanza dalla quale papà si tiene prudentemente alla larga e alla quale mamma ha accesso in regime di semi-libertà vigilata solo in casi del tutto eccezionali. E come se non bastasse, quegli occhi indagatori hanno preteso che i miei compagni di sventura e io ci presentassimo puntuali, che mettessimo al bando pigiami e tazze di latte, che abbandonassimo a loro stessi cani, gatti e canarini...insomma, una violazione della privacy in piena regola, in barba a ogni regola.

Ci ho provato, eh, a ribellarmi, a improvvisare malori (ma in effetti il periodo non era propizio), a comunicare a gesti mimando un intermittente, nonché irrisolvibile, venir meno di qualunque segnale audio e/o video...ma è durata poco e mi sono arreso...in fondo, cos'altro avevo da fare?...tanto valeva provarci...

E sai che ti dico? Che a mano a mano che passavano i giorni tu, al di là di qualunque immaginabile previsione, sei riuscita laddove neppure la disperazione più nera dei miei ha mai sortito alcun effetto: ho iniziato a rifarmi il letto e a dare alla mia camera una parvenza di abitazione umana prima di ogni collegamento, e ho iniziato a chiudere la porta, per impedire a mio fratello di uscirsene con una delle sue irripetibili battute, magari con Enea in fuga da una Troia in fiamme con l'anziano padre sulle spalle.

Perché mi sono accorto che, una volta che tutti quanti ci siamo arresi, abbiamo iniziato a guardarci, a guardarci sul serio intendo, a guardare dritte negli occhi le nostre vite, indifese e smascherate, attraverso le telecamere. Il che, a pensarci bene, è folle! Abbiamo trascorso quasi due anni chiusi nella stessa aula per una cosa come cinque ore al giorno e io non ho mai saputo che Benelli ha tre sorelle più grandi (ci credo che parla poco, sarà traumatizzato, poveretto), che il prof. di inglese suona la chitarra (e io che non lo credevo capace di nessuna emozione), mentre quella di italiano colleziona lattine di birra (non le ho ancora perdonato tutto, ma ci sono margini di miglioramento).

E niente, mi andava di dirtelo...adesso che l'estate è arrivata davvero senza che ci siano stati né un'ultima campanella, né un'ultima ora, né un ultimo giorno...adesso che ancora non ho ben capito come riempirla, questa estate...e che mi sento un po' meno felice...

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