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sabato 9 aprile 2016

Ridi che ti passa!

Avete presente quel vecchio sceneggiato televisivo interpretato dal trio Solenghi-Marchesini-Lopez, che faceva la parodia de I promessi sposi?...andò in onda sulla RAI nel 1990, praticamente un secolo fa!
Ricordo di averlo seguito con divertito sospetto, non riuscendo a trattenermi dall'apprezzare le trovate esilaranti dei tre comici, ma continuando a nutrire in un angolo recondito della mia mente il dubbio che si stesse in qualche modo dissacrando qualcosa di inviolabile!

Un po' la stessa sensazione di disagio che provai quando nel corso di uno degli ultimi anni di liceo (dunque doveva essere il '91 o il '92) le insegnanti ci accompagnarono a teatro ad assistere alla messa in scena di una commedia di Aristofane. Avevo imparato sui libri cosa fosse una commedia, ma mi ritrovai letteralmente spiazzata di fronte a quei saltimbanchi che si aggiravano sul palcoscenico indossando buffi costumi dalle imbarazzanti imbottiture, che si lasciavano andare ad ogni sorta di volgarità e si attaccavano gli uni gli altri con parole feroci e decisamente scurrili.
Anche in quella circostanza mi sentii combattuta...risi, certo, ma storcendo il naso, faticando a riconoscere in quel modo di fare teatro l'ideale di bellezza e perfezione che i Greci del passato rappresentavano ai miei occhi.

Questa invece sono io in compagnia del grande Luciano De Crescenzo...lo incontrai per caso su un traghetto a Capri nell'estate del 1995...
Voi giustamente vi chiederete: beh, che centra ora De Crescenzo con la parodia del Manzoni e i deretani imbottiti? Centra eccome, perché attraverso l'incontro con quel grande scrittore e con il suo modo di raccontare gli antichi ho imparato a sorridere serenamente, anche di ciò per cui avevo sempre immaginato non fosse lecito farlo.
Perché non sono gli idoli imbalsamati sui piedistalli che possono lasciare un segno nella nostra vita, ma gli amici che ci camminano a fianco e il grandissimo merito di De Crescenzo è stato proprio questo...di presentare Socrate e Pitagora e gli altri grandissimi di quel tempo come i vicini della porta accanto, quelli che puoi incontrare al bar sotto casa o incrociare per caso mentre passeggi per le vie della tua città...di scardinare il binomio malefico tra studi classici e soffitte polverose e di mostrare (da abile divulgatore qual è stato!) che il trattare con una vena di comicità una materia importante non le toglie lustro, anzi la rende solo più accessibile...di ricordare come la bellezza, quella vera, non sia statica e rigida (il che la renderebbe anche molto poco umana!), bensì un equilibrio precario e instabile tra tensioni contrarie, luci e ombre, lacrime e gioie...di suggerire che si può vivere meglio, se si impara a non prendersi troppo sul serio.

Certo, un improbabile messer Alighieri che scrive la Divina Commedia sui rotoli di carta igienica Foxy è forse un po' eccessivo (?!?), ma quali emozioni è capace di regalare l'approccio così poco accademico di Roberto Benigni che declama i versi del sommo poeta e ne svela sotto montagne di critica letteraria e note a piè di pagina (pur legittime, per carità!) il cuore, tuttora vivo e pulsante!

8 commenti:

  1. Visto anche il lancio su FB, mi viene subito da pensare a "finis Africae"... lì c'era un "poliziotto" che invece di stare in testa...

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    1. Sì, mentre scrivevo il pensiero correva inevitabilmente a Il nome della rosa e al cuore di quella incredibile storia...in effetti il monaco Jorge ce l'aveva eccome un gigantesco "poliziotto" nella testa, anzi se n'era fatto completamente fagocitare! Credo che, purtroppo, nella storia non solo della Chiesa, ma dell'uomo in generale ci siano stati (e ci siano ancora) troppi "monaci Jorge"...ma per fortuna ci sono anche i "De Crescenzo" e i "Benigni"...

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  2. Giusto modo di vedere le cose. Non prendersi troppo sul serio dovrebbe essere una regola di vita!!!

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    1. ...che spesso si dimentica e non è mica facile da realizzare...l'importante è continuare a provarci!

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  3. È un buon insegnamento per cercare il lato positivo in ogni cosa

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    1. Dai libri alla vita!...d'altra parte, non è forse questo il bello della letteratura?

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  4. Raccontare, spiegare grandi capolavori con semplicità ed ironia senza cadere nel qualunquismo o nel ridicolo è dote di pochi. E'grazie però a questi 'pochi' che l'arte, in tutte le sue sfumature, arriva alla mente e al cuore di chi, in punta di piedi, si avvicina alla stessa.

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    1. "L'ironia è importante. Non è, come sostiene qualcuno, una forma di disimpegno. E' invece un modo per rispondere all'imperfezione del mondo. E' sorriderne, mentre si cerca di eliminarne un po'." (Beppe Severgnini)

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