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sabato 9 luglio 2016

Il peso della farfalla...e delle parole

Erri De Luca,
Foto di Alessio Jacona
Ho fatto la conoscenza di De Luca proprio attraverso questo meraviglioso libro, piccolo certo quanto alle dimensioni, ma incommensurabilmente grande per le emozioni che racchiude!

Dopo le prime righe ero già stregata! Mi sembrava di avere sotto gli occhi poesie che avrebbero potuto essere musicate da De André, un altro dei miei grandi amori, perso troppo presto...mi capita spesso di associare scrittori e cantautori, di cogliere somiglianze di stili e linguaggi tra "maestri del raccontare".
Erri e Fabrizio, questo sono per me, perché le loro parole sono sempre misurate, essenziali, mai ridondanti o superflue...selezionate con pazienza, accostate con cura, esprimono mondi in un dettaglio, dando vita ad immagini uniche, inaspettate, perfette...seppur contate, richiedono tempo e concentrazione per non essere solo sfiorate, ma colte a pieno, profondamente, veramente...ripagano, tuttavia, con generosità la fatica che richiedono a chi si accosta loro, regalando momenti di rara bellezza ad ogni paragrafo, ad ogni strofa.

Di De Luca amo la trasparenza con la quale si concede e si lascia conoscere dal suo lettore; in queste pagine c'è così tanto di lui...il suo amore per le vette, le sue competenze di scalatore e di profondo conoscitore dell'ambiente montano, dei suoi abitanti.
Amo la naturalezza con cui dichiara di non averla inventata da solo questa storia, ma di aver dato voce ad aneddoti che gli sono stati affidati da altri, da gente di montagna come lui, incontrata sui sentieri, avvicinata lungo il cammino.

La vicenda narra di un camoscio e di un bracconiere.
Inevitabile prendere posizione, no?...Le prime frasi, in effetti, non sembrano chiedere altro; immediata s'impone l'uccisione della madre del primo ad opera del secondo...e il pensiero corre a Bambi, al suo essere universalmente riconosciuto quale emblema della dolcezza più pura e indifesa, e insieme simbolo dell'ottusa ferocia umana.
Tuttavia, il nostro cucciolo non è Bambi. Privato molto presto anche della sorella, brutalmente ghermita da un'aquila, è cresciuto aspro, senza freni, completamente digiuno delle regole che abitualmente governano la vita dei camosci; ha imposto al branco la sua supremazia di re in un solo giorno, con un unico duello nel quale ha squarciato con violenza il ventre del suo rivale (crudeltà inaudita per questi animali che solitamente si fermano ai primi segnali di cedimento dell'avversario).

E a poco a poco l'iniziale rigidità di giudizio si allenta, non ne se sente più nemmeno la necessità...anzi, si finisce per percepirla addirittura inadeguata, stonata di fronte a ciò che si sta leggendo, mentre cresce il desiderio di abbandonarsi alla mano dell'autore, di lasciarsene semplicemente condurre per riuscire ad assaporare ciò che la sua penna ha voluto fissare su quelle pagine.
Perché - a ben vedere - neppure questo cacciatore ha troppo a che spartire con l'immagine che dell'uomo restituisce il vecchio film della Disney. Non è solo un'ombra minacciosa, non è solo il rumore di uno sparo; è carne ferita, memoria sofferta, disillusione dopo anni di lotte e rivoluzioni, è la decisione di prendere congedo dal consesso degli altri uomini e di condurre un'esistenza in disparte, perché la razza umana è infida, colpisce a tradimento.
Ha vissuto di caccia, sì, quest'uomo e lo ha fatto con tanta abilità da essersi a sua volta guadagnato il titolo di "re dei camosci", anche se di sé egli parla come di un "ladro di bestiame", da quando senza volerlo ha sparato ad una femmina di stambecco, rendendone orfano il piccolo...non ha mai più puntato agli stambecchi dopo! Non ha mai voluto uccidere l'orso con cui ha diviso la montagna per tanto tempo; l'ha sepolto, invece, dopo che era morto di vecchiaia. Non ha mai osato colpire nemmeno l'aquila.
I camosci sono sempre stati i suoi preferiti: più forti, più abili, più irraggiungibili, praticamente ineguagliabili. Per vent'anni - tanto è il tempo trascorso dal loro primo terribile incontro! - si sono studiati e sfidati questi due "re", presenze solitarie e titaniche, esemplari unici delle proprie specie, in un duetto misterioso e inviolabile, fatto di reciproca accettazione, conoscenza e rispetto.

Un mattino di novembre si svegliano vecchi e stanchi, consapevoli che il loro tempo sta per scadere, pronti per quello che entrambi percepiscono sarà il loro ultimo, decisivo confronto.
Anche quel giorno arriva puntuale sul corno sinistro dell'animale una farfalla bianca...per generazioni quelle piccole ali l'hanno accompagnato. Simbolo forse della sua regalità, promemoria perenne di onori e doveri...immagine della potenza racchiusa in ogni essere vivente, soffio quasi impercettibile sul suo capo fiero, eppure capace di farsi beffe della mira di un fucile con il suo volo spezzettato...figura per eccellenza del continuo scorrere e mutarsi di ogni cosa nel quadro di una natura grandiosa e imponente che costringe a ridimensionarsi, che impone l'umiltà, che insegna la necessità di valorizzare l'esistenza proprio in ragione della sua fragile transitorietà.

6 commenti:

  1. Molto bello,mi piace il modo in cui hai espresso sinteticamente il libro e la seconda immagine

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    1. In realtà mi sono dovuta contenere...avrei potuto (e voluto) dire molto di più, ma così la recensione avrebbe rischiato di essere più lunga dello stesso libro recensito!
      L'immagine piace molto anche a me!

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  2. Ovviamente mi e' venuta voglia di leggerlo!!

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    1. E vedrai che una lettura non ti basterà...e che, quando l'avrai finito, avrai voglia di leggerlo ancora e ancora...

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  3. Teresa Gallinari04/11/17, 22:37

    Innamorata come te , di Erri e di questo stupendo "libricino " che conservo nella mia casa in montagna e che rileggo tutte le volte che salgo a Macugnaga ....grazie della bella recensione

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    1. Grazie a te, Teresa, per le tue parole. Erri è davvero un maestro!

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