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venerdì 2 dicembre 2016

La prima verità...

Simona Vinci
...è che non c'è una sola verità.
"Ognuno racconta i suoi bisogni, e i sogni, gli incubi, i desideri, la sua versione dei fatti e hanno tutti ragione, perché una prima verità non esiste da nessuna parte! E' tutto vero, anche quando non lo è."

E' questo che urlano all'unisono i personaggi - numerosissimi! - di questo libro; ciascuno a modo suo e tutti insieme, lanciano al mondo il grido silenzioso e disperato di chi non è mai riuscito a farsi ascoltare...nella maggior parte dei casi, di chi non ha mai neppure potuto provare a farsi sentire.
Le loro voci si confondono e si accavallano, si richiamano attraverso il tempo e lo spazio; dal comune di Grugliasco nella provincia di Torino, dove per decenni centinaia di bambini furono internati nella sezione dell'Ospedale Psichiatrico a loro riservata fino all'anno della sua chiusura (era ormai il 1979, Villa Azzurra si chiamava, Manicomio dei bambini è invece come divenne tristemente nota)...all'Africa della Sierra Leone e al Kissy Mental Hospital della città di Freetown (mai nome fu più stridente!), che a partire dal 1872 fagocitò le esistenze dei reietti di un intero stato...passando per il lager dell'isola greca di Leros e per gli orrori che dal 1958 al 1981 vennero perpetrati tra le mura dei suoi innumerevoli padiglioni, strutture di contenzione dei pazienti provenienti da tutta la nazione e insieme prigioni destinate ai dissidenti deportati durante il Regime dei Colonnelli.
Centinaia di storie, migliaia di testimonianze che denunciano uno stesso destino di dolore, di solitudine, di abbandono...cumuli di anime travolte da un'identica sorte, assurda, ingiusta e ingiustificabile, cui almeno la penna dell'autrice tenta di ridare dignità.

Un testo complesso da abbracciare, capace di miscelare con grande maestria indagine storica e invenzione letteraria, che è insieme romanzo pieno di poesia e crudele reportage.
Un'opera difficile da affrontare per il lettore, continuamente trascinato indietro e sospinto avanti, costantemente in bilico tra l'impossibilità di staccarsi dalle parole già lette e l'urgenza di scoprire quelle a venire...profondamente turbato dalla schiettezza oscena di tante descrizioni e dalla plastica concretezza dei dettagli più ripugnanti, volutamente esplicitati e ribaditi perché sostanza, non contorno, delle drammatiche vite di questi ultimi, di questi dimenticati...e allo stesso tempo irrimediabilmente stregato dalla poesia di certe immagini, quasi oniriche, per lo più sfuggenti, fantastiche incursioni nelle menti misteriose di alcuni di loro, nei loro pensieri sconnessi, viaggi proibiti attraverso i loro universi spezzati.

Già, "loro"...i folli...i matti, per dirla in maniera più prosaica, quasi più banale...come se fosse possibile racchiudere dentro una sola parola la molteplicità delle fratture che possono affliggere un cuore, dei baratri in cui una mente può precipitare...come se si potesse ignorare che per secoli dentro quel mucchio, accanto a chi era realmente afflitto dalla malattia mentale in tutte le sue più svariate manifestazioni, c'è finito anche chi rappresentava un motivo di scandalo o di imbarazzo per famiglie che non erano in grado (o preferivano evitare) di occuparsene, o chi vagabondo o mendicante veniva tolto dalla strada e rinchiuso per motivi di ordine pubblico...
Come se non fosse disumano distogliere lo sguardo dalla follia - forse ancora più orribile e mostruosa! - di quanti restavano all'esterno di quei recinti e di quei cancelli, che permettevano, perpetravano, tolleravano quell'orrore...perché la differenza tra il trovarsi "dentro" o il rimanere "fuori" troppo spesso dipendeva dalla sfortuna di essere nati nel luogo sbagliato, in un tempo altrettanto sbagliato.

Come se ci fosse la speranza di una qualche assoluzione per l'uomo, ogniqualvolta traccia linee di confine, isola, erige muri e innalza barricate, giustificandosi dietro la pericolosità di coloro che distanzia, allontana e rinchiude, senza comprendere che in realtà quella che tenta di arginare è la sua fragilità, l'incapacità di affrontare le sue paure, il terrore di scoprire nello sguardo di quei "diversi" le sue stesse speranze deluse, la sua stessa fatica di vivere, i suoi stessi fantasmi.
Non teme la Vinci di far sentire forte la sua voce, in mezzo e insieme alle altre; non si nasconde dietro un "io letterario" di pura immaginazione, ma si espone con coraggio, raccontando dell'"ombra nera" che ha attanagliato anche lei (come sua madre, prima di lei), ricordando che tutti camminiamo sul crinale invisibile che separa la "pazzia" dalla "normalità" e che è un attimo cadere dalla parte sbagliata, insinuando che forse questo concetto di "normalità" neppure esiste e che ciascuno di noi lotta ogni giorno per trovare un proprio equilibrio, un proprio modo di stare nel mondo, una propria strategia per essere felice.

2 commenti:

  1. Una recensione meravigliosa...che fa presagire i contenuti, che già tratteggia i volti e che porta, ancor prima della lettura diretta, a sentire quella fitta allo stomaco che solo la condivisione del dolore altrui sa dare. E... sei combattuta tra il desiderio di iniziare la lettura e la paura di esserne sopraffatta: perché certe sofferenze sono difficili da incontrare...

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    1. Hai ragione! Questo libro mi ha stregato...mi è entrato nel cuore, mi ha ferito e incantato allo stesso tempo...è stato difficile leggerlo, eppure che senso di perdita quando è finito...!
      Un Campiello tutto meritato!!!

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